LA CORAZZATA DEGLI INFLUENCER

Da una parte abbiamo, quindi, gli influencer, dei veri e propri opinion maker capaci non solo di spostare i desideri d’acquisto ma anche l’opinione pubblica, talvolta; dall’altra abbiamo dei creator capaci di ideare e progettare qualcosa di nuovo e poco prima inimmaginabile.

Influencer marketing: cos’è e come sfruttarlo per il proprio brand

È arrivata: è nata la Corazzata degli Influencer.

Si chiama Assoinfluencer ed è la prima associazione italiana rappresentativa degli interessi di influencer e content creator, riconosciuta dal MISE – Ministero delle Imprese e del Made in Italy. 350mila professionisti pari a un valore di mercato di 280 milioni di euro.

Oggi viviamo un mondo che solo pochi anni fa sarebbe stato impossibile anche solo da immaginare: nelle parole di Jacopo Ierussi, Founder e Presidente di Assoinfluencer, si tratta di “una figura nuova che cambia tanto rapidamente quanto il mondo dei media”. Perché è proprio vero che influencer e content creator sono professionisti che mettono al servizio dei media e dei brand competenze e strumenti specifici.

Ma in breve, chi sono questi influencer?

Influencer e content creator, questi sconosciuti

Secondo l’Accademia della Crusca, si definisce influencer un “personaggio popolare soprattutto in rete che è in grado di influenzare l’opinione pubblica riguardo a un certo argomento”.

Content creator invece ha un’accezione più complessa: letteralmente sta per creatore di contenuti, una vera e propria mente creativa che ha il compito non solo di ideare ma anche di strutturare e realizzare un progetto di comunicazione online.

Da una parte abbiamo, quindi, gli influencer, dei veri e propri opinion maker capaci non solo di spostare i desideri d’acquisto ma anche l’opinione pubblica, talvolta; dall’altra abbiamo dei creator capaci di ideare e progettare qualcosa di nuovo e poco prima inimmaginabile. Non proprio il ritratto di poveri ragazzini immersi nel mondo fake del digitale come talvolta si crede (ok, boomer).Ma soprattutto: abbiamo davanti a noi una vera e propria forza economica non da poco in grado di far guadagnare – o perdere – moltissime risorse ai brand.

A cosa serve l’influencer marketing?

Fino ad alcuni anni fa, quando si parlava di funnel strategy si arrivava a quella che i tecnici chiamano advocacy, ovvero il passaparola (o per dirla in modo più tecnico, referral marketing). La comunicazione di un brand funziona, cioè, quando un consumatore / utente arriva a stimare talmente tanto un brand da parlarne bene agli altri, praticamente facendogli pubblicità (gratis). È chiaro che a questo risultato si arriva dopo tanto lavoro, copywriter con il cuore spezzato, grafici con gli occhi rossi e creative/art director che sembrano usciti da Blade Runner. Ma quando questo lavoro riesce, quella famosa advocacy ha una potenza di fuoco, credeteci.

Oggi quell’advocacy può avere una forma diversa: non solo il vecchio, sano passaparola ma (anche) una storia o un post di un influencer.

L’abbiamo detto: gli influencer sono veri e propri opinion maker (o opinion leader) capaci di spostare in modo significativo gli interessi, i desideri, le preferenze d’acquisto dei consumatori. In pratica: se un influencer nomina o accosta la propria immagine a un brand, è probabile che quel brand venderà o aumenterà la propria reputation in modo significativo.

Blogger, youtuber, utenti Instagram o Twitter, ultimamente anche Linkedin: un’audience talvolta enorme capace di ampliare la visibilità del brand, guidando le scelte dei follower verso quel prodotto o servizio.

Non è mica un caso che solo nel 2021 i brand che hanno scelto l’influencer marketing sono cresciuti del 26% e che l’industria sia arrivata a 300 milioni di euro nel 2022. 

Niente male, no? Eppure, attenzione: non è un lavoro privo di rischi (tipo 007).

Perché è importante un influencer per un brand?

Perché lo rappresenta. Perché sostituisce la fastidiosa domanda “descrivi il tuo brand con tre aggettivi”. Consiglio ai colleghi in lettura: non fate questa domanda ai clienti, in stile oroscopo di Paolo Fox, piuttosto domandate “se il vostro brand fosse un personaggio famoso, chi sarebbe?”. Tutto questo per dire: quando si sceglie un influencer, si associano le caratteristiche della persona (pregi, ma anche difetti) all’azienda e al marchio. Quell’influencer diventa il brand. Non una scelta da poco. Qual è il vantaggio? Oltre all’audience, ovviamente, il fatto di rendere in carne e ossa qualcosa di immateriale, il brand stesso, di dargli corpo, di renderlo reale.

Pensate a Vieri, forte, un bomber. Ecco Gillette, l’equivalente della forza.

Pensate ai capelli di Chiara Ferragni, biondi, sani e sinuosi. Ecco Pantene, lo shampoo pe capelli forti e seducenti.

Insomma: l’influencer diventa il marchio, si sovrappone al brand, gli porta pubblico ma è il suo pubblico, quello che già segue l’influencer. È come se il marchio, attraverso l’influencer, scegliesse a chi parlare.

Eccoci, i vantaggi sono principalmente due

  1. comunicare in modo più immediato una serie di caratteristiche immateriali, caratteristiche che a parole o anche con delle grafiche ci metteremmo una vita a descrivere e
  2. parlare a un pubblico più ampio

Ma l’abbiamo detto, da grandi poteri derivano grandi responsabilità, così come da vantaggi derivano anche degli svantaggi. In questo caso, quando un brand sceglie un influencer ne sceglie anche il pubblico, prende posizione su un argomento rispetto a quel determinato segmento di pubblico. È come se attraverso la scelta dell’influencer il brand scegliesse di posizionarsi non solo sul mercato ma anche su un certo tema. Ma soprattutto, quando si intraprende la strada dell’influencer marketing, si sceglie di associare la propria immagine aziendale a qualcuno che domani potrebbe commettere un errore di comunicazione e dunque compromettere di rimando l’immagine del brand.

Insomma, una scelta un po’ complessa da fare, con tanti risvolti da non sottovalutare.

La strategia per scegliere bene un influencer

Non per ripeterci, ma siamo in materia di Strategia. Eh sì, perché come in quasi tutte le materie di comunicazione, il seme della scelta corretta dell’influencer sta sempre a monte, non a valle: quanto conosci il tuo brand? Che sentimenti vuoi suscitare? Come vuoi posizionarti sul mercato?

Un influencer non in linea col brand ha un impatto negativo sulla percezione del pubblico e quindi sulla campagna lanciata, sulla reputazione e anche sul suo futuro sul mercato. Quello che manca, in alcuni casi, è un know-how forte e adeguate risorse di gestione per gestire l’influencer, provando anche a evitare fail futuri. Mai come in questo caso avere una buona strategia di Influencer Marketing è la cosa fondamentale da fare.

Però gioite, adesso abbiamo una vera e propria Corazzata di persone e professionisti a cui fare riferimento, un vero e proprio esercito fra cui scegliere la figura migliore per il nostro brand.Non ci resta che dire: 92 minuti di applausi (se non avete capito subito la cit, guardatevi Il secondo tragico Fantozzi, così la nostra Content Manager non si arrabbia).

Condividi l'articolo_

Condividi su facebook
Condividi su linkedin
Condividi su twitter
Condividi su whatsapp
Condividi su email

Continua a leggere_

PRENDIAMOLA A RIDERE!

Ironia, sarcasmo e strategie di engagement (e di racconto) Per molti la cosa funziona: industria tech, moda, mondo della cultura, finanza, cripto. Il benchmark, lo

CHE FIGURA DI MEDIA

Marketing, shitstorm e quell’influencer bionda che non possiamo nominare Qualunque crisi voi stiate vivendo in questo momento della vostra vita – amorosa come quella descritta

IT / EN