Nessuno può mettere un copywriter in un angolo

Per qualunque persona che scriva nella vita – giornalisti, scrittori, creativi d’agenzia ma anche programmatori informatici – questo significa solo una cosa: dramma, tragedia, morte e distruzione. O forse no.

Marketing e Intelligenza Artificiale

Dopo Luke Skywalker vs. Darth Vader. Dopo Gennaro Savastano e Ciro Di Marzio. Dopo Rocky Balboa e Ivan Draco. Ecco, arriva lo scontro finale: Copywriter vs. Chat GPT.

Cos’è e come funziona Chat GPT?

Partiamo dalle basi: Chat GPT è un modello di OpenAI, l’azienda di software che sviluppa modelli GPT-3. In pratica si tratta di modelli di intelligenza artificiale che sfruttano il machine learning non supervisionato, cioè sono capaci di analizzare e comprendere il significato di un testo, fare una ricerca sul set di dati a sua disposizione e rimandare una risposta in linea con il testo sottoposto. Non solo significato delle parole ma anche il “modo” in cui quelle parole vengono espresse, quelle che un copywriter chiamerebbe “tono di voce”.

Per semplificare, Chat GPT funziona così: l’utente si registra alla piattaforma. Una volta registrato, si apre una vera e propria chat, come se fosse Whatsapp. L’utente può scrivere una domanda, può chiedere qualunque cosa e Chat GPT inizia a produrre testo finché può (o vuole). Dopo di che, l’utente può anche chiedere chiarimenti, fare commenti, ampliare il discorso ponendo un altro tema e Chat GPT gli risponde. Gli risponderà sempre. In più, ultimamente OpenAI ha rilasciato la nuova versione dello strumento, ChatGPT Plus. Uno strumento a pagamento (20 dollari al mese) per avere risposte più rapide.

Ora, sembra una favola: lo strumento è già stato testato per scrivere articoli, poesie, claim e payoff ma anche righe di codice. Per qualunque persona che scriva nella vita – giornalisti, scrittori, creativi d’agenzia ma anche programmatori informatici – questo significa solo una cosa: dramma, tragedia, morte e distruzione.

Questa reazione moderata è stata la stessa dei nostri copywriter in agenzia quando OpenAI ha lanciato Chat GPT a fine 2022. Dopo un iniziale attimo di sconforto, i nostri copy si sono ripresi e hanno deciso di dare battaglia per dimostrare che no, nessuna intelligenza artificiale batterà mai un essere umano creativo. O perlomeno: nessuna intelligenza artificiale potrà mai sostituire del tutto la creatività dell’essere umano.

Da questo breve e intenso scambio possiamo notare alcune cose interessanti che fanno fare punti a Chat GPT:

  • le è stata data un’indicazione chiara sul tono di voce (“ironico o sarcastico”) e all’inizio l’ha rispettata – con buona pace del nostro copywriter, che accusa il colpo ma non molla
  • è anche in grado di utilizzare alcune espressioni del parlato (quel bellissimo “Ah” iniziale con virgola subito dopo che ci fa avvertire il peso di un sospiro ironicamente sognante)
  • Chat GPT è furba e usa un espediente tipico della narrazione: la reticenza. Non dice “sono un modello di linguaggio artificiale” ma si eleva, sospira – in modo molto umano – pensando ai modelli di AI come lei. Il nostro copywriter è ferito nell’orgoglio e teme la sconfitta

Ma attenzione, l’AI qualche errore lo fa, eccome. Più d’uno:

  • come qualunque aspirante scrittore, Chat GPT ripete diverse espressioni che sa – lei o chi per lei – che funzionano: all’inizio capisce che l’artificio retorico “Ma naturalmente” funziona e lo ripete nella stessa posizione (a inizio frase), con lo stesso tono e la stessa intenzione subito dopo. Il nostro copywriter capisce che Chat GPT ha dei punti deboli e sembra riprendersi
  • dice, “questo non significa che comprendiamo veramente il mondo o le emozioni umane” – a differenza del nostro copywriter che invece di emozioni ne sta provando parecchie adesso. E però è proprio grazie a questo che scrive bene: sa cosa provano le persone e insiste su queste leve comunicative. Il nostro copywriter si rialza e sferra un colpo a Chat GPT
  • è a questo punto che arriva la strategia per ferire l’AI che scrive “siamo solo dei programmi che rispondono a domande”. Ecco il punto: senza il copywriter che sa esattamente cosa, come e perché chiedere, Chat GPT cosa può fare?

Questi tre punti di “debolezza” sono il vero snodo focale: Chat GPT non capisce le emozioni né le sensibilità del mondo. Qualcuno – un programmatore, uno scrittore possiamo dire – le ha detto che una certa parola, espressione, costruzione della frase corrisponde a un’emozione, a un modo di sentire umano e lei lo applica quasi pedissequamente. Così il nostro copywriter, ormai certo della vittoria, cala l’asso e fa la sua mossa:

Qui Chat GPT non solo dimentica il tono di voce – quello ironico o sarcastico che gli è stato chiesto e all’inizio è riuscita a seguire nel testo – ma ammette di non poter “replicare completamente” lo stile personale, l’esperienza e anche, in qualche modo, il rapporto umano che si instaura fra il copywriter e il brand cliente. Si rende sempre disponibile a supportare il lavoro dell’umano creativo, ma sempre e solo come spunto da rivedere profondamente.

In breve: con Chat GPT bisogna collaborare. È sempre un accordo HUMAN e AI. Per esempio come abbiamo fatto noi qui.

Ma alla fine dobbiamo dirlo: Copywriter 4 – 3 Chat GPT. Vince il copywriter.

Dopo la vittoria, il nostro copywriter decide di lasciare il nemico sconfitto sul campo, senza infierire. Ma un dubbio sorge e lo spinge a restare e porre un’ultima, fatale, domanda:

Cosa comporta questo? Be’, banalmente che tutti i testi, le idee, gli spunti, sono sempre e comunque di proprietà di OpenAI, il creatore di Chat GPT. Significa che ogni tipo di risultato ottenuto dall’utilizzo della Chat non può che essere rimaneggiato, rivisto, integrato e modificato per non incappare in problemi proprietari – che sarebbero una bella grana per un brand.

Sapete chi invece è in grado di produrre contenuti originali di cui il brand è proprietario? Il nostro copywriter che è in grado di raccontare una storia unica: la tua.

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