Il trend del momento è la sincerità (più o meno)
ODIARE GENNAIO E SETTEMBRE
Circa un mese fa siamo tornati operativi, alle nostre postazioni e ai nostri computer, dopo quella parentesi effimera delle ferie natalizie. Tutti un po’ spossati dall’ubriacatura di cibo. Tutti a dire, come sempre, da gennaio mi metto a dieta.
È qualcosa che accade normalmente anche dopo settembre: dopo queste settimane di pausa, ci si rimette in riga e si torna a essere la persona che vorrei (per citare una influencer in disgrazia).
Quest’anno, oltre al classicone dieta+palestra, alcuni tra noi hanno anche detto a gennaio riprendo a leggere stabilmente: almeno tre libri al mese; o anche metto la sveglia alle cinque del mattino, così ho tempo per fare le mie cose prima del lavoro; abbiamo sentito anche un collega dire prendo una pianta e un gatto.
A un mese di distanza da questi buoni propositi, ci siamo incontrati di nuovo alla macchinetta del caffè e ci siamo chiesti come stessero andando questi sogni di gloria. Be’, non stanno andando: niente gatti all’orizzonte, piante già morte, sveglia delle 8.40 e a lavoro di corsa, nemmeno un libro letto da inizio anno. A onor del vero, una nostra collega se n’è uscita con “io purtroppo sto facendo la dieta e sto andando pure in palestra…”. Capirete bene che è stata prontamente insultata ed emarginata per questa prova di superiorità morale.
Ecco, ci siamo messi a pensare a tutto questo e al fatto che, a ben vedere, guardandoci attorno, quello dei buoni propositi buttati giù nel ce**o appena un mese dopo è qualcosa che riguarda tutti. E infatti la pubblicità se n’è accorta.
IL DIRITTO A FAR SCHIFO
In realtà il fatto di togliersi la maschera e dire che quelle idee di miglioramento personale non sono poi così importanti ha un’origine più datata. Sono anni che si parla dei buoni propositi come diretta conseguenza della società della performance, di quegli stereotipi sociali, di quei modelli di vita e delle best practice disallineati alle incombenze della vita quotidiana – bisogna correre a lavoro, performare, mangiare sano, bere tanto, andare in palestra, dallo psicologo, coltivare i rapporti personali, avere un rapporto perfetto col partner, andare in bici, vivere in modo sostenibile, leggere libri e giornali, fare opere buone per il prossimo, mettere soldi da parte, comprare casa, fare figli, accudire i genitori anziani. E nel frattempo bere (con moderazione), divertirsi, postare su Instagram.
Ci viene il fiato corto anche solo a leggerla questa lista (incompleta) di cose che dovremmo fare per essere migliori.E invece un po’ di tempo fa è emersa un’altra possibilità: quella che il Guardian ha battezzato come goblin mode.
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Il goblin è quel momento della nostra vita in cui facciamo letteralmente schifo: scrolliamo i social in cerca di un vuoto da dare alla mente, fumando in casa, mangiando schifezze, in tuta, struccati e magari con una macchia di senape vecchia di due giorni e incrostata sul pantalone del pigiama.
Quel momento, in sostanza, in cui non ci sentiamo costretti ad avere un aspetto compiacente ma siamo liberi di dire (e fare) ciò che pensiamo in modo trasparente nei confronti di noi stessi e degli altri.
Sembra, insomma, che uno dei trend attuali sia il fatto di non voler più piacere a tutti ma di regredire un po’, di accettare anche la propria parte più schifosa. Che sia l’ora di rinunciare alla performance estetica in ragione del riposo mentale?
VOGLIAMO LE PROVE!
Ok, un attimo! Quanta fretta…
Ci sono due esempi che possiamo fare e che ci fanno riflettere un bel po’.
La nuova campagna Dove
Si chiama #NewYearsUnresolution. Lo spot di riferimento ha chiesto alle donne – il target di Dove – rinunceresti a un anno della tua vita per il corpo perfetto? 1 donna su 3 ha risposto di sì, lo farebbe.
La campagna di Dove si conclude con una presa di posizione sull’argomento: quest’anno rinunciamo piuttosto agli ideali di bellezza irrealistici. Parliamo di un brand che ha fatto del benessere completo, del volersi bene, del sentirsi bene con se stesse, della body positivity anche una bandiera alla quale è impossibile, a questo punto, rinunciare.
Se addirittura un brand come Dove – più bianco non si può – arriva a sostenere, tra le righe, il goblin mode, anche senza pronunciare questa espressione, forse vorrà pur dire qualcosa…
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Sputo fatti
C’è una nuova challenge in città! E quelle città si chiamano TikTok e Instagram.
Si chiama #sputofatti e consiste nel dire delle “verità” a viso aperto, di solito scomode, scorrette oppure cose che sappiamo tutti ma non abbiamo il coraggio di dire. O molte volte sono cose così scontate che non capiamo perché dovrebbe essere interessante dirle. Be’, sappiate che ci sarà sempre qualche influencer che pensa di doverlo fare, e ci troveremo il feed inondato di questa roba per settimane.
Ebbene, questo #sputofatti non è certo rivoluzionario, ma dà il senso di quanto l’insofferenza generalizzata nei confronti della performance e dell’ottimismo – che, diciamocelo, ha pure rotto le scatole – siano ormai arrivati a un livello che pure quelle macchine di consenso quali sono i social se ne sono accorti. O almeno lo stanno facendo.
Noi, oggi, non sappiamo ancora se questo trend della trasparenza e del diritto a essere sinceri e un po’ schifosi sarà vincente o soccomberà molto presto da nuovi propositi. Quello che di certo sappiamo è che la nostra collega che sta seguendo i suoi buoni propositi di dieta e palestra ha già perso due chili ma noi abbiamo ripreso a parlarle lo stesso. Perché abbiamo deciso che a febbraio siamo tutti più buoni.